I cattivi modelli

3 febbraio 2009

Trascrivo l’articolo di Alessandro Portelli apparso sul Manifesto di oggi:

Per fortuna, neanche stavolta c’entra il razzismo. Un poliziotto ammazza a fucilate il vicino senegalese a Civitavecchia: è una banale lite di condominio. Tre ragazzi bruciano vivo un senza casa indiano a Nettuno: è una ragazzata, magari quasi omicida, ma si sa, i ragazzi si annoiano e tutti siamo in cerca di emozioni. E davvero, sono quasi tentato di crederci: il razzismo c’entra, ma non è un ingrediente isolabile, un ideologia motivante; è piuttosto una componente ormai intrinseca e indistinguibile di un senso comune di violenza e sopraffazione che se non è diventato egemonico, poco ci manca.

Coltellate, fucilate, violenze sessuali fanno tutte parte di un’unica grammatica dell’annientamento e dell’umiliazione dell’altro (anche la violenza sessuale è una forma di assassinio, in cui nonostante le strizzate d’occhio del nostro presidente del consiglio il desiderio sessuale non c’entra per niente). E questo senso comune è condiviso tanto dai cinque romeni stupratori di Guidonia o dai tre marocchini che avrebbero violentato una donna (romena) a Vittoria in Sicilia, quanto dall’italiano stupratore di una cilena, dai ragazzetti di Campo de’ Fiori accoltellatori di un americano, dal bravo ragazzo violentatore di Capodanno a Roma. E da tanti episodi meno sanguinosi ma diffusi nelle famiglie, nelle strade, negli stadi, nelle scuole, nelle caserme…

La sola differenza – e qui il razzismo c’entra espressamente – è la strategia di depistaggio messa in moto da politici e media. Quando, sempre a Guidonia, nel 2006, fu una donna romena a essere violentata per ore da un italiano la notizia non riempì le prime pagine ma si esaurì in due righe in fondo a un comunicato Ansa e a un trafiletto del Corriere della Sera. Non ci furono ronde di patrioti indignati nei bar e nelle carceri, circondate da simpatia e complicità della brava gente circostante. Perciò far credere che la violenza sia un portato dell’immigrazione, è un modo di parlare d’altri e non di noi – a cominciare dall’altra cosa che tutti questi episodi hanno in comune: il genere maschile degli aggressori e la debolezza delle vittime.

Molti anni fa, il sociologo David Reisman diceva che nella società di massa la fiaba di Pollicino-ammazza-giganti si sarebbe trasformata nella fiaba di Pollicino-ammazza-nani. Infatti adesso siamo tutti dalla parte di Golia: anche le guerre, dall’Iraq a Gaza, esibiscono e addirittura vantano la sproporzione tra i deboli e i forti.

Essere o sembrare deboli, nella modernità della competizione, della deregolazione, dell’individualismo e del mercato elevati a religione, è una colpa in sé. È una colpa essere donna, è una colpa essere senza casa, è una colpa essere nero. E forse la colpa peggiore di tutte queste minacciose debolezze sta nel fatto che mettono a nudo la debolezza profonda dei «forti», la precarietà del loro diritto, la tranquillità del loro dominio. I potenti non riescono davvero a vincere le guerre, i violenti non fanno che mettere in scena la loro paura, i razzisti non riescono a sentirsi superiori alle loro vittime, la finanza globale va in rovina e porta rovina con sé. La rabbia frustrata di chi si crede forte e si accorge di non esserlo più produce violenza.

Fermarla, o almeno porvi un limite, è un lavoro di profondità e di lungo periodo, una costruzione di socialità nuova, di rapporti civili fra le persone, di politica coraggiosa e anticonformista. Altro che «essere cattivi» con i «clandestini» – cioè, essere come quelli che li bruciano vivi – come vaneggia nella sua frustrazione il povero Maroni. Non la fermeranno certo i poliziotti per le strade, i vigili urbani con la pistola e la licenza di sparare: anzi, saranno un’ulteriore modello di ruolo per i futuri aggressori, un’altra esibizione di forza impotente, e un altro esempio di quella politica bipartitica – quella sì, «cattiva» politica – che alimenta queste paure e se ne nutre.

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Aggiungo le ultime due classifiche mancanti. Ecco il 2004:

  1. Thomas Pynchon, Mason & Dixon, Vintage
  2. Stefano D’Arrigo, Horcynus Orca, Rizzoli
  3. Choderlo de Laclos, Le relazioni pericolose, Garzanti
  4. Boris Pasternak, Il dottor Živago, Feltrinelli
  5. Thomas Pynchon, The Crying of Lot 49, Vintage
  6. Ottiero Ottieri, Un’irata sensazione di peggioramento, Guanda
  7. Ermanno Rea, La dismissione, Rizzoli
  8. Alejandro Jodorowsky, La danza della realtà, Feltrinelli
  9. Helga Schneider, Il rogo di Berlino, Adelphi
  10. Robert Walser, La passeggiata, Adelphi
  11. Heinrich Böll, Foto di gruppo con signora, Einaudi
  12. Witold Gombrowicz, Gli indemoniati, Bompiani
  13. Ernst Jünger, Un incontro pericoloso, Adelphi
  14. Angelo del Boca, Gli italiani in Libia. Tripoli bel suol d’amor 1860-1922, Laterza
  15. Erri de Luca, Non ora non qui, Feltrinelli
  16. Giorgio Caproni, Tutte le poesie, Garzanti
  17. M.P. Shiel, La nube purpurea, Adelphi
  18. João Guimaraes Rosa, Grande Sertão, Feltrinelli
  19. Lev Nikolaevič Tolstoj, La morte di Ivan Illič, Garzanti
  20. Georges Simenon, Il caso Saint-Fiacre, Adelphi

e il 2005:

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  1. Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto, Mondadori
  2. Agota Kristof, Trilogia della città di K., Einaudi
  3. Giulio Giorello, Di nessuna chiesa, Raffaello Cortina
  4. Junichiro Tanizaki, Diario di un vecchio pazzo, Bompiani
  5. Albert Camus, La peste, Bompiani
  6. Alda Merini, La pazza della porta accanto, Bompiani
  7. Georges Simenon, Lettera al mio giudice, Adelphi
  8. Ivo Andrič, Il ponte sulla Drina, Mondadori
  9. Maryse Condè, La vita perfida, e/o
  10. 101 storie zen, Adelphi
  11. Thomas Pynchon, V., Perennial Classics
  12. Guido Morselli, Contro-passato prossimo, Adelphi
  13. Witold Gombrowicz, Ferdydurke, Bompiani
  14. Arto Paasilinna, Lo smemorato di Tapiola, Iperborea
  15. Georges Simenon, L’ispettore Cadavre, Adelphi
  16. Corrado Alvaro, Gente in Aspromonte, Bompiani
  17. Andrea Camilleri, La presa di Macallé, Sellerio
  18. Francis Scott Fitzgerald, Tender is the Night, Penguin
  19. Yukio Mishima, Confessioni di una maschera, Feltrinelli
  20. Georges Simenon, Cargo, Adelphi

Classifica 2007/libri

9 gennaio 2009

Come chiesto da innumerevoli frequentatori di questo sito (il solo Gattomur) vi assillo con le classifiche degli anni scorsi. Non condivido alcuni dei giudizi che ho fatto, ma li lascerò così come sono. Ecco il 2007

  1. Bohumil Hrabal, Il tenero barbaro, e/o
  2. Georges Simenon, Il piccolo libraio di Archangelsk, Adelphi
  3. Orhan Pamuk, Neve, Einaudi
  4. Edward Morgan Foster, Where Angels Fear to Tread, Dover
  5. Rossana Rossanda, La ragazza del secolo scorso, Einaudi
  6. Federico De Roberto, I Viceré, Newton Compton
  7. Junichiro Tanizaki, Neve sottile, Guanda
  8. Tullio Avoledo, Breve storia di lunghi tradimenti, Einaudi
  9. Naomi Klein, Shock Economy, Rizzoli
  10. Charlotte Bronte, Jane Eyre, Oxford
  11. Primo Levi, La chiave a stella, Einaudi
  12. Albert Camus, La caduta, Bompiani
  13. Alexandre Dumas, I tre moschettieri, Einaudi
  14. Georges Simenon, Il clan dei Mahe, Adelphi
  15. Orhan Pamuk, Il castello bianco, Einaudi
  16. Hwang Sŏk-yŏng, L’ombra delle armi, Baldini Castoldi Dalai
  17. Wu Ming, Manituana, Einaudi
  18. Björn Larsson, Il cerchio celtico, Iperborea
  19. Anatole France, Il delitto di Sylvestre Bonnard, Sylvestre Bonnard
  20. Khaled Hosseini, Il cacciatore di aquiloni, Piemme